MENSILE D'INFORMAZIONE E DI SERVIZI - SETTEMBRE 2000


PATTI TERRITORIALI

LA “BEFFA” DEL PESCE

Il governo lascia fuori la Sicilia dai “Patti territoriali specializzati”

Una graduatoria contestata, decine di imprenditori, con i soldi già depositati in banca, all’asciutto, opportunità di lavoro bruciate e sullo sfondo il sospetto di pressioni lobbistiche sul governo nazionale, che di fretta in furia, in appena tre mesi, emana l’elenco dei “buoni” e lascia fuori i “cattivi” o meglio i “non rappresentati”. Da Catania, la Lega Pesca Sicilia lancia il caso dei patti territoriali specializzati per l’agricoltura e la pesca e lo fa con decisione promuovendo una petizione popolare rivolta alla Regione. Obiettivo: chiedere il finanziamento dei patti territoriali specializzati per l’agricoltura e la pesca, strumenti di sviluppo economico e occupazionale “scippati” a Roma e oggi da recuperare a Palazzo D’Orleans. La Lega si è mossa anche con la telematica: per la raccolta delle firme, promossa in tutti i comuni e le marinerie, è a disposizione anche il sito internet www.legapesca.it. Mancano circa seicento miliardi dei mille promessi dal governo nazionale, con una delibera del Cipe, la commissione per la programmazione economica, del 20 febbraio scorso: una “beffa” scoperta all’inizio dell’estate, che ha provocato una reazione a catena, sino alle iniziative della Lega. A completare il quadro la Regione Siciliana, che non è intervenuta per cofinanziare i patti, che in Sicilia sono 35, con grosse iniziative nel catanese, con il patto agricolo Simeto Etna, il patto agricolo delle Aci e quello jonico per circa duecento imprenditori, nelle isole Eolie prevedono progetti d’impresa legati al recupero dei borghi marinari, a Porto Palo, nel siracusano, contemplano iniziative nei settori tradizionali dell’ammodernamento del naviglio, qualche struttura di trasformazione, come le industrie di lavorazione e affumicazione del pesce. Le conseguenze sono state gravi: soltanto 13 patti della graduatoria già stilata sono stati finanziati su un totale di 92 a livello nazionale, fra cui quello Aci e dello jonico. Eppure questi strumenti potrebbero creare, secondo stime della Lega Pesca, mille posti di lavoro in tutta l’Isola, di cui solo trecento nella pesca. I patti territoriali danno, infatti, la possibilità di fare progetti imprenditoriali, per iniziative che vanno dall’ammodernamento delle barche, alle industrie di conservazione del prodotto pescato, sino all’ittiturismo, l’equivalente dell’agriturismo applicato alla pesca.”La Regione non è mai intervenuta - ha detto Giancarlo Costa, responsabile regionale della Lega- si sa che l’ultima riunione della giunta uscente Capodicasa, è stato fatto un documento programmatico”. Questo passo, allora, deve essere trasformato in finanziamento. “Per il 2000-2002 la Regione siciliana -ha continuato Costa - ha millequattrocento miliardi che gli derivano da due fondi della Comunità Europea: uno si chiama Sfop, l’altro Feoga, finanziamento europeo orientamento generale all’agricoltura. Noi diciamo: stornare duecentocinquanta miliardi da questi”. Non è da escludere, comunque, anche la rimodulazione dei Por, i piani operativi regionali, le articolazioni di “Agenda 2000”, operazione che però allungherebbe i tempi. Al patto contribuiscono anche i privati con il 40% del capitale. “Tante aziende, circa quattrocento, quindi -ha aggiunto Costa- ci hanno già messo i soldi”. Una situazione paradossale, che ha sollecitato gli interventi di Gaetano Urzì, responsabile del centro di servizi della Lega, che ha rilanciato i progetti imprenditoriali nel catanese, di Giuseppe Giansiracusa della Lega coop, che ha evidenziato le “molte opportunità in campo europeo non sfruttate”. E’ stato però Luciano Piccolo, vicepresidente della Confcommercio, un passato di sindacalista nella Cgil, a lanciare la denuncia più forte. “Il governo -ha detto Piccolo- in particolare il Ministero del Tesoro ha fatto una graduatoria, definita provvisoria, ma che è assolutamente scorretta dal punto di vista dei criteri che sono stati utilizzati, perchè hanno utilizzato un indice di redditività uguale per tutti”.


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