I CONSIGLI DEL COMMERCIALISTA
a cura delle Dott.sse Simonetta Murolo e Sabina Aiello
SI
AVVICINA LA FINE DELLO
SCONTRINO FISCALE?
Al ritorno dalle ferie, forse una notizia un po’
rivoluzionaria, ma in fondo non del tutto negativa per chi -
come noi - affronta la vita del quotidiano con grinta e...grande
spirito di avventura! Pare che la regolamentazione degli studi
di settore messa a punto nel corso dell’anno voglia comunque
dare i suoi frutti non tanto in favore dei commercianti dal
punto di vista sostanziale, ma almeno dal punto di vista formale.
Ed almeno un piccolo aiuto lo potrebbe dare ai consumatori.
Obiettivo degli studi di settore è infatti quello di stabilire
-almeno in teoria- quelli che dovrebbero essere i presunti ricavi
e compensi minimi delle piccole e medie aziende, tenuto conto
di parametri che l’amministrazione finanziaria pone in essere,
quali, per esempio, ubicazione del locale, ampiezza dello stesso,
presenza nelle vicinanze di parcheggi o grandi magazzini, vicinanza
al centro storico, impiego di forza lavoro, valore e quantità
di beni strumentali, etc.... La conseguenza naturale di tale
applicazione potrebbe essere quella di cercare di superare la
funzione fiscale dello scontrino. Nel comunicato stampa del
4 luglio 2000 viene chiarito dallo stesso ministro delle Finanze
che “l’obiettivo è quello di raggiungere la massima semplificazione
possibile nel rispetto delle esigenze di controllo imposte dalle
normative comunitarie”. Lo scontrino potrebbe continuare ad
esistere, quindi, ma solo come strumento di gestione aziendale
e come garanzia di trasparenza nei confronti del consumatore.
Una buona notizia, dunque. Ma è altrettanto una buona notizia
il risultato dei ricavi presunti minimi risultato degli studi
di settore?
L'AVVOCATO CIVILISTA RISPONDE
a cura dell'Avv. Vincenza Maniaci - Catania
RISTRUTTURAZIONE
E FORNITURA MATERIALE
Circa due mesi prima delle vacanze estive ho firmato
con una ditta specializzata in ristrutturazioni un contratto
per la fornitura di alcuni materiali e per i relativi lavori
di installazione nella mia abitazione. Per varie ragioni si
trattava di lavori e di installazioni da seguire con la massima
urgenza ed entro certi termini e ciò è stato preliminarmente
chiarito fra me e la ditta e specificato chiaramente nel contratto.
Come richiestomi alla firma del contratto ho versato un acconto
pari a circa il 30% + Iva del prezzo totale concordato per i
materiali ed i lavori. Nonostante ciò la ditta non ha rispettato
il contratto, i nostri accordi e soprattutto il termine convenuto
adducendo motivazioni poco chiare ed asserendo che il termine
per l’ultimazione dei lavori non era sufficiente e bisognava
tenere conto anche degli altri impegni della ditta. So solo
che i lavori sono stati cominciati e sono durati appena tre
giorni (dopo ciò la ditta non si è più fatta vedere) e si sono
concretizzati nello smantellamento di parte del mio immobile
che ancora oggi si trova in condizioni peggiori di quelli iniziali.
Ritengo di essere stato gravemente danneggiato e penso che se
la ditta sapeva di non poter rispettare il contratto e di non
poter eseguire i lavori nei tempi per me essenzialmente necessari
e immediatamente chiariti non avrebbe dovuto accettare il lavoro.
Ho contestato tutto ciò per iscritto e anche l’inadempimento
del contratto e ho richiesto innanzi tutto l’immediata esecuzione
ed ultimazione dei lavori, ma tutto è stato inutile. Ho anche
chiesto il risarcimento dei danni ma la cosa più grave, comunque,
è che a fronte delle mie tante lamentele e degli infiniti solleciti
e, soprattutto, della richiesta almeno del rimborso dell’acconto
da me versato la ditta si è rifiutata perchè, a suo dire, in
base al contratto avrebbe diritto di trattenere l’intero acconto
come risarcimento (non si sa di cosa)e sarebbe esonerata da
ogni responsabilità nei miei confronti mentre io nel contratto
avrei approvato una clausola per la quale non mi era consentito
contestare nessun inadempimento. Non mi pare di avere discusso,
firmato nè accettato niente del genere diversamente non avrei
mai aderito a un contratto per cosÏ pregiudizievole e rischioso.
Ritengo di essere stato truffato e desideravo sapere se esistono
leggi che tutelano tutti coloro che come me incorrono in queste
situazioni veramente incresciose e paradossali. Fernando Villa
Il lettore non specifica alcuni dettagli di un certo rilievo
ai fini di una risposta specifica e maggiormente esaustiva al
quesito che, comunque, meglio potrà essere fornita sulla scorta
dell’esame della documentazione contrattuale, della forma e
della tipologia della stessa. Nella fattispecie ci si permette
di suggerire al lettore di rivolgersi al proprio legale di fiducia
per tutte le opportune attività del caso mentre, in linea estremamente
generale, possono senz’altro richiamarsi le disposizioni contenute
nel codice civile per il caso di clausole particolarmente onerose
(c.d. clausole “vessatorie”) contenute nei contratti e quali
sembrano essere quelle riferite in seno a quanto prospettato.
Va innanzi tutto rilevato che l’art. 1341 cod. civ. in materia
di condizioni generali di contratto stabilisce che determinate
clausole - per essere efficaci- devono essere approvate specificatamente
per iscritto, ovvero e più praticamente he, oltre alla firma
del contratto nel suo insieme, vanno richiamate separatamente
e firmate ulteriormente anche le clausole stesse (la c.d. “doppia
firma”). Si tratta, a titolo solo semplificativo, di quelle
clausole che stabiliscono, in favore della parte che le ha predisposte,
limitazioni di responsabilità o facoltà di sospendere l’esecuzione
del contratto oppure che stabiliscono a carico dell’altra parte
limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni. Sembrano comunque
più pertinenti al caso sottoposto le norme contenute nel libro
IV del codice civile in materia di contratti del consumatore
e precisamente, l’art. 1469 bis e seguenti. La norma citata,
che si occupa delle clausole vessatorie nei contratti conclusi
tra il consumatore ed il professionista (intendendosi per tale
anche chi svolge attività imprenditoriale), stabilisce al 1°
comma che si considerano vessatorie, malgrado la buona fede,
tutte quelle clausole che determinano a carico del consumatore
un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti
dal contratto. Lo stesso articolo, al terzo comma, prosegue
con una elencazione delle clausole che -fino a prova contraria
-si presumono vessatore e fra le stesse (in totale 20) enuclea
le clausole che limitano la responsabilità del professionista
per fatti od omissioni del professionista medesimo (art. 1469
bis n.1), quelle che escludono o limitano le azioni o i diritti
del consumatore nei confronti del professionista per il caso
di suo inadempimento totale o parziale o di adempimento inesatto
(n.2), quelle che impongono al consumatore il pagamento di una
somma di denaro a titolo di risarcimento o di penale (n.6),
quelle che limitano od escludono la possibilità per il consumatore
di opporre l’eccezione di inadempimento del contratto (n.16),
etc. Inoltre, l’art. 1469 quinquies cod civ. considera comunque
inefficaci alcune di queste clausole e precisamente quelle di
cui a nn 1,2 e 10 dell’art. 1469 bis prevedendo che tale inefficacia
opera soltanto a vantaggio del consumatore e può essere rilevata
d’ufficio dal Giudice.